Assocarta esprime grande soddisfazione per l’accordo siglato a Venezia per lo sviluppo della pioppicoltura quale materia prima strategica per l’industria della carta e dell’arredamento. L’accordo – sottoscritto dalle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Piemonte oltre a Confagricoltura, Confederazione Italiana Agricoltori, Coldiretti, CRA e Associazione Pioppicoltori Italiani, Federlegno Arredo e Assocarta – si inserisce nell’ambito della nuova strategia di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 con l’obiettivo di un rilancio strutturale e duraturo delle piantagioni del pioppo. Massimo Ramunni, vicedirettore di Assocarta, ha evidenziato l’importanza dell’intesa per Assocarta sia per le valenza ambientale della piantagione del pioppo che è tra i sistemi agro-forestali più efficaci per l’assorbimento di gas serra e per il riequilibrio del bilancio del carbonio, sia per la valenza economica vista la fortissima dipendenza (di circa il 90%) del settore cartario italiano dalle importazioni di fibra vergine. L’accordo prevede infatti un aumento sostanziale della coltivazione del pioppo per finalità industriali che passerebbe dagli attuali 65 mila ettari ai 115 mila dei quali avrebbe bisogno sia l’industria della carta che quella dell’arredamento. L’intesa – secondo Ramunni – è inoltre una prima risposta al recente Pacchetto Clima Energia UE che produrrà una forte pressione sulle biomasse legnose per produrre energia. Significativo quindi che l’accordo preveda che la coltivazione di pioppo sia finalizzata alla produzione di materia prima per l’industria e, solo in subordine, per fini energetici. Si è quindi riconosciuto che l’utilizzo del pioppo per produrre materie prime produce più occupazione e più valore per il territorio rispetto a destinarlo alla produzione di energia. Nonostante il peso preponderante del legno di pioppo sulla quota di legno da lavoro di origine italiana, le disponibilità attuali non sono in grado di soddisfare il fabbisogno dell’industria di trasformazione nazionale, che è costretta ad importarne notevoli quantitativi dall’Est Europa e dalla Francia, vanificando i benefici della filiera virtuosa interna del pioppo.
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