«La Canale era un fiore all’occhiello, un’azienda sempre all’avanguardia», ricorda un lavoratore – che preferisce rimanere anonimo – dell’azienda di Borgaro Torinese acquisita dalla Elcograf del gruppo Pozzoni. «Speravamo di essere acquisiti da un’azienda che avesse interesse a proseguire le attività dello stabilimento, siamo stati informati che era stato trovato un acquirente nella figura di Mario Pozzoni e ci è sembrata una buona cosa: ci è stato detto che saremmo stati un avamposto per la Francia e noi ci abbiamo creduto», continua lo stampatore. Lui è uno dei 140 dipendenti della ex Canale di Borgaro Torinese il cui futuro è al centro dell’incontro telematico del 2 luglio tra la Regione, gli enti locali, azienda e le parti sociali. La trattativa è ancora in corso.

Il gruppo piemontese è stato acquisito da Elcograf a fine 2018, dopo il via libera dei creditori (a partire dalle banche) al piano presentato dalla Canale. L’accordo prevedeva l’acquisto del ramo d’attività relativo alla stampa roto offset e l’affitto di uno dei due capannoni (con la formula del contratto di sei anni più sei) di Borgaro Torinese. L’intesa aveva riguardato il passaggio a Elcograf di tutti i dipendenti, allora circa 190: non solo quelli del reparto roto ma anche i lavoratori impiegati nelle attività di stampa piana e di confezionamento (legatoria). Escluso dal perimetro dell’accordo erano state le macchine piane e le linee di confezionamento, l’affitto del secondo capannone dove si svolgevano queste attività e la G. Canale & C Romania che nelle scorse settimane è stata acquisita dalla Rotolito di Paolo Bandecchi ed è diventata Rotolito Romania. Contemporaneamente all’acquisto del ramo d’attività della Canale – operazione che era stata preceduta da intese siglate da Elcograf con i sindacati e anche singolarmente con i lavoratori – era partito il piano di risanamento – tuttora in corso -, che prevedeva il ricorso alla cassa integrazione speciale a rotazione per il reparto roto e a zero ore per stampa piana e legatoria e che durerà – anche grazie ai prolungamenti degli ammortizzatori sociali previsti dall’emergenza Covid – fino a maggio del 2021. Gli esodi incentivati e il ricollocamento hanno permesso in questo anno e mezzo l’uscita di una cinquantina di lavoratori portando a circa 140 l’attuale forza lavoro impiegata però solo nella stampa roto. Reparto per cui, a regime, Elcograf prevede una sessantina di addetti.

Il piano di risanamento

Che la rinuncia alla struttura salariale di secondo livello fosse parte dell’accordo di acquisizione, è stato chiaro sin da subito ai lavoratori della ex Canale: «Abbiamo rinunciato con un po’ di magone ma senza batter ciglio, fiduciosi che lo si faceva per mantenere un posto di lavoro – aggiunge lo stampatore anonimo, in azienda dal 2002 e ora in cassa integrazione a zero ore -. Una cosa ci tengo a dire: non vogliamo fare le barricate contro il datore di lavoro, abbiamo il dovere di essere corretti e nessuno ha mai pensato di fare una sola ora di sciopero perché ‘ben venga che ci dia la possibilità di lavorare e andare avanti’: per questo c’è sempre stato il massimo della collaborazione», aggiunge il lavoratore, che ricorda così i giorni successivi all’acquisizione: «Anche se sapevamo che la legatoria non era di interesse per la Elcograf, giravano voci che sarebbe stata acquisita da un terzo e avrebbe continuato a lavorare anche se in modo diverso. E invece abbiamo visto proprio le macchine smontate e portate via. Questo ci ha fatto capire che qualcosa non andava, che eravamo stati in qualche modo traditi – mi consenta questo termine – e questo ci ha lasciati con l’amaro in bocca. E la cosa che ha fatto ancora più male è vedere che alcune commesse sono state subito spostate da Borgaro ad altre sedi». Il lavoratore, vicino al raggiungimento della quantità di anni di contributi necessaria per il prepensionamento, afferma di aver trovato di recente un’altra occupazione: «Nel frattempo ho trovato un altro posto di lavoro, ho lavorato tre mesi e mi avevano detto che la prova era andata bene e che mi avrebbero confermato. Poi c’è stato il lockdown e non se n’è fatto più niente. In Elcograf ho dato anche la mia disponibilità a trasferirmi: ho due figli adolescenti, il mio interesse è di lavorare. Non stiamo chiedendo assistenzialismo, non sto chiedendo di non lavorare più per andare a vedere i cantieri per strada: alla mia età è giusto che io dia ancora qualcosa. Ma datemi la possibilità. Un mio amico muratore mi ha detto: “quella si chiama demolizione, non ristrutturazione”», conclude il lavoratore.

Cassa integrazione

«Sono entrato in Canale nel 1987 e quando è stato il momento dell’acquisizione ovviamente le perplessità ci sono state fin dall’inizio: la rinuncia alle conquiste salariali sembrava fosse una cosa comune a tutti gli altri stabilimenti Pozzoni, ma secondo me il giorno che ha segnato veramente il cambio di passo è stato il 2 gennaio 2019, quando sono arrivate le lettere di cassa integrazione praticamente a tutti i dipendenti», ricorda M.M., lavoratore 58enne della ex Canale nello stabilimento di Borgaro Torinese, che aggiunge: «Ci sono persone che dall’acquisizione non hanno mai ricevuto una vera busta paga ma solo la cassa integrazione». In questi mesi a casa, però, M.M. non è stato con le mani in mano: «Sono uno sviluppatore e mi sono buttato nello studio dei linguaggi di programmazione delle app. Ne ho creata una che si collega a un database e che fa vedere le pagine di uno stampato, che possono essere ingrandite dal cliente sul suo smartphone con la possibilità poi di dare l’ok alla stampa», spiega.

Anche secondo A.V., addetto alla pre-press che lavora in (ex) Canale da più di trent’anni, dopo esservi entrato nel 1989, le premesse erano chiare: «Ci avevano detto che questa acquisizione non sarebbe stata la bacchetta magica che avrebbe risolto tutti i nostri problemi. Dopo l’acquisizione abbiamo avuto un incontro molto informale in cui Giacomo Canale in persona ci ha detto che la cosa sarebbe stata dolorosa. Questo non vuol dire che mi aspettassi tutto quello che è successo dopo, che legatoria e stampa piana sarebbero state chiuse all’improvviso, considerato oltretutto il fatto che avevamo ancora molte commesse in essere», aggiunge il lavoratore 53enne in cassa integrazione a rotazione. «In questo periodo è più il tempo che passo a casa che quello che passo al lavoro, ma nei mesi scorsi è capitato anche il contrario. È altalenante, dipende dalla quantità di commesse – spiega lo stampatore -. Magari stai a casa due settimane su quattro, e quindi il morale è un po’ basso: c’è sfiducia, pessimismo, il clima in azienda è abbastanza di sconforto. Io non ho nessuna speranza di prepensionamento e ho un’età abbastanza avanzata per il mondo del lavoro. Se le cose dovessero andare male – perché comunque un ridimensionamento ci sarà – mi troverei sicuramente in condizioni peggiori rispetto ad altri», conclude il lavoratore.

Di Giulia Virzì

Foto da quotidianovenaria.it

 

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