Ammetto, ero curiosa di sapere cosa avrebbe risposto uno degli strumenti di open AI se interrogato sulla definizione di Grande Bellezza della Stampa. Gliel’ho chiesto e, con mia grande sorpresa, l’esito, almeno per quello che è il nocciolo della questione, non è stato così divergente dal pensiero che io, umana, avevo formulato – ovviamente mettendoci molto più tempo. Quanto elaborato dalla “macchina”, in sintesi, è una definizione di bellezza riferita alla stampa, che si articola tra la componente estetica e quella concettuale.

Secondo l’interpretazione umana – mia e del team di redazione e art direction de Il Poligrafico – la riflessione sulla bellezza della stampa è partita dal concetto del Kintsugi, l’arte di riparare con l’oro: una tecnica giapponese che consiste nell’incollare i pezzi di un oggetto rotto e di “spolverare” le crepe con polvere dorata. In questo modo la “rottura” non solo magicamente si rimargina ma quelle che possiamo definire “cicatrici”, invece di sparire vengono impreziosite.

Questo è anche il concept che ha ispirato il design della cover di questo numero de Il Poligrafico dedicato a “La Grande Bellezza” della stampa. Il visual richiama alla nobilitazione per eccellenza, quella dell’oro a caldo e, allo stesso tempo, simbolicamente ci conduce a un concetto di bellezza al di fuori dei canoni classici. Non solo la perfezione ma l’unicità, non necessariamente l’integrità della forma ma anche la diversità, entrano nel novero di quello che è “bellezza”. E soprattutto il contenuto, il senso, ciò che non è fisicamente tangibile, concorrono alla generazione di tale bellezza, conferendole spessore e rilevanza.

Pensiamo a un progetto di un astuccio, di un cofanetto o di una shopper: se fin dall’ideazione è concepito considerando eco-sostenibilità, funzionalità, semplicità d’uso e riciclabilità, una volta che si tradurrà in prodotto finito, avvalendosi delle tecniche di stampa e nobilitazione di ultima generazione, avrà un impatto molto più forte sulla percezione del suo fruitore. Lo stampato veicolerà i valori che conferiscono alla bellezza profondità, identità e consistenza.

Ma non solo. L’IA nella sua definizione di bellezza ha evidenziato il concetto di fascino. Affascinante è quanto emerso dai protagonisti che coralmente – è così che mi piace sia la nostra rivista – hanno offerto il loro contributo raccontando le esperienze raccolte in questo numero de Il Poligrafico. Sono tantissime le storie a cui abbiamo dato spazio che leggerete sulle prossime pagine: testimonianze di vita e di lavoro, di passione e di professionalità, di progetti e di prodotti, di tecnologie e di intuito, di sfide e di investimenti, di sperimentazioni e di successi. È anche e soprattutto questa la Grande Bellezza della Stampa, il filo dorato che unisce i tasselli che compongono la poliedricità del nostro settore. Sfumature e dettagli che l’intelligenza artificiale non conosce.

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