In principio fu il Wir svizzero. Era il 1934, la crisi del ‘29 faceva ancora sentire pesantissimi i suoi effetti e una banca svizzera escogitò un modo per aiutare le imprese a far circolare nuovo denaro: creare un proprio sistema di moneta complementare. Da allora le valute complementari, strumenti di commutazione con cui è possibile scambiare beni e servizi, che si affiancano al denaro ufficiale, che non hanno corso legale e che sono accettate su base volontaria, si sono moltiplicate: punti fedeltà, buoni pasto, bartering (cambio merce pubblicitario), passando per criptomonete e bitcoin. Persino Facebook ha recentemente lanciato Libra, la criptovaluta per pagare e trasferire denaro su Messenger, WhatsApp e Facebook, che sarà disponibile dalla metà del 2020 e che coinvolgerà una platea potenziale di due miliardi di persone, tanti quanti sono gli utenti del social.

Ma tornando al Wir, in Italia c’è qualcuno che vi si è ispirato da vicino per creare una moneta complementare nostrana. Si tratta di Sardex, la società che ha ideato e gestisce il Circuito di Credito Commerciale Sardex.net, fondata nel 2009 in Sardegna da Carlo Mancosu, Gabriele e Giuseppe Littera, Franco Contu, cui si aggiunse nel 2011 Piero Sanna. Alla fine dello stesso anno subentra il fondo di investimento lussemburghese Digital Investments, con cui la società rafforza nel biennio 2012/13 la propria posizione in Sardegna e a partire dal 2014 replica il modello in varie regioni della penisola. Per cui si ha il Piemex in Piemonte, il Linx in Lombardia, il Marchex nelle Marche, il Tibex nel Lazio, l’Abrex in Abruzzo, il Samex nella zona del Molise e del Sannio (Benevento e Avellino), il Liberex in Emilia Romagna, il Felix in Campania, l’Umbrex in Umbria, il Venetex in Veneto, il Valdex in Valle d’Aosta e il Sardex Liguria in Liguria. Stando ai dati del 2017, risultano più di 3500 le imprese iscritte al circuito, più di 200 mila le transazioni effettuate e più di 80 milioni il transato. Per aderire al circuito (ed è da qui che derivano principalmente le entrate della società) ci sono una tassa di iscrizione e una quota annuale di partecipazione in base alla grandezza del business e ai servizi che si ricevono, che può essere oggetto di contrattazione fra l’azienda e il circuito. Non ci sono commissioni sulle transazioni.

“Una casualità”

«Si è trattato di una casualità, un cliente che già aveva aderito ce ne ha parlato in termini molto positivi, cosi abbiamo approfondito la conoscenza del circuito e alla fine abbiamo deciso di aderire. La particolare attenzione alla filiera di prodotto e alle certificazioni, soprattutto quelle ambientali, ci ha convinto non solo a provare, ma anche a proseguire in questa esperienza», spiega Carlo Manetti, ceo di Grafiche MDMD Srl (nella foto a sinistra), azienda fondata a Forlì nel 1925 col nome di Tipografia Forlì Grafiche MDM e trasformatasi nel tempo in industria grafica. Grafiche MDM fa parte del circuito Liberex dal 2015 e usa la moneta complementare per pagare «forniture di piccola entità da parte di aziende che operano nei settori delle attrezzature e dei materiali di consumo. Ancora nulla di strategico, anche se si tratta di ambiti nei quali l’impatto ambientale è rilevante, per cui riteniamo valga la pena investire energie», spiega Manetti che afferma di impiegare in Liberex una percentuale non superiore all’1% del fatturato globale dell’azienda: «Noi fatturiamo all’anno 5,5 milioni di euro circa e saranno 2025 mila euro anno circa in Liberex, non è costante. Il trend è in leggera crescita e abbiamo notato che riguarda sempre di più il B2C, piuttosto che il B2B come inizialmente pensavamo potesse essere».

Anche il numero di aziende aderenti al circuito è cresciuto negli anni, implementando una catena di possibili transazioni. «Sicuramente riscontriamo un miglioramento nell’azione dei professionisti che operano all’interno del circuito: l’accentramento dell’area broker e l’ampliamento dei liberi scambi sui vari circuiti regionali sono aspetti decisamente positivi. Venendo agli aspetti da migliorare, ritengo che solo con un aumento significativo delle aziende coinvolte si possano ottenere buone possibilità di acquisto all’interno del circuito, unito ovviamente a una implementata azione di efficacia dei broker stessi», dice Manetti che si sente di suggerire ad altre aziende grafiche l’adozione di una moneta complementare non come una scelta strategica, “ma piuttosto un terreno da esplorare, con potenzialità tutte da scoprire”.

Potenziali investimenti

La quantità di aziende aderenti al circuito è un nodo fondamentale. «Siamo stati tra i primi 200 iscritti, avevo un amico che lavorava in Sardex, ci ha mandato un commerciale e abbiamo condiviso i principi del circuito. Era il 2011 e il primo periodo è stato difficile perché c’erano poche aziende e nessun fornitore primario. Nel corso del primo anno abbiamo pensato di non dare seguito all’adesione per l’anno successivo ma poi sono entrate sempre più aziende nel circuito e le cose hanno iniziato a funzionare», afferma Matteo Ghiani, direttore commerciale di Grafiche Ghiani Srl, nata a Monastir – in provincia di Cagliari – nel 1981 da un’idea imprenditoriale dei fratelli Ghiani, che dopo una decennale esperienza a Torino nel settore tipografico, decidono di tornare in Sardegna per mettere in piedi un’azienda tutta loro.

«Usando una buona percentuale di Sardex è possibile fare investimenti importanti: noi abbiamo investito 700 mila euro, di cui la metà in Sardex, per un impianto fotovoltaico: i lavori sono cominciati qualche mese fa e l’impianto dovrebbe entrare in funzione a luglio», dice Ghiani, che spiega poi come a inizio anno in azienda si stabilisca una soglia oltre cui non andare per evitare squilibri finanziari: «Abbiamo dato disponibilità per l’1% del nostro fatturato, ci siamo spinti al massimo al 3%». Grafiche Ghiani è specializzata nella produzione di volantini per la grande distribuzione organizzata (nella foto), per la quale ha rapporti quotidiani con multinazionali di ogni tipo: «I nostri fornitori sono grandi fornitori: Burgo, Fedrigoni, UPM, Parenco (acquistata da Smurfit Kappa nel 2018, ndr) e sinceramente non abbiamo nemmeno mai provato a chieder loro di effettuare transazioni in Sardex. Potrebbero esserci dei fornitori locali ma non farebbero al caso nostro», afferma Matteo Ghiani, che afferma di aver più spesso utilizzato la moneta complementare per acquistare complementi d’arredo e per pagare le visite mediche al personale.

Le spese aziendali

C’è chi con la moneta complementare ci paga il gasolio, le stanze d’albergo, il gommista, la manutenzione dei mezzi di trasporto aziendali. Come Cartaria Biellese, un’azienda nata a Vigliano Biellese (in provincia di Biella) nel 1987, specializzata nella selezione e distribuzione di imballaggi a uso alimentare in carta, plastica e materiali biodegradabili. «La rete internet in azienda la pago in Piemex, qualche tempo fa ho dovuto fare una manutenzione straordinaria a un furgone dal costo di 3600 euro, e di questi 2000 li ho pagati in Piemex, e altre spese così. Ti metti d’accordo con il tuo fornitore per accettare il 100% della fattura o solo una parte in moneta complementare», spiega Stefano Lazzarini, amministratore di Cartaria Biellese (nella foto a sinistra), che ha deciso di far circolare in valuta complementare il 2-3% (pari a circa 30 mila euro) del fatturato annuo dell’azienda, che si aggira sul milione di euro. Lazzarini conferma che nessuno dei grandi fornitori e delle aziende che producono gli imballaggi che lui distribuisce fa parte del circuito. «Il circuito poi non è perfetto finché non entrano a farne parte anche il macellaio, il fruttivendolo eccetera per poter fare la spesa in Piemex: se a fine anno do un premio in moneta complementare ai miei dipendenti, devono avere la possibilità di spenderli per i beni essenziali. D’altro canto il Piemex permette a chi aderisce al circuito potenzialmente di coprire quella fascia di mercato inespresso che l’azienda ha. Il sistema premia i clienti aderenti, se hai apertura mentale puoi fare mercato, fare rete e conoscere nuovi ambiti», conclude Lazzarini.

di Giulia Virzì