Un percorso sistemico di cambiamento culturale per le organizzazioni che desiderano raggiungere un più equo Gender Balance.

di Francesca Sassoli

UNI/PdR 125:2022. Dietro a questa dicitura sconosciuta ai più, composta da lettere e numeri, c’è un lungo percorso che attraversa i tempi e la storia. Quella piccola racconta di generazioni di lavoratrici pagate meno degli uomini, ostracizzate dalla catena decisionale, le prime ad essere sacrificate sull’altare della riorganizzazione. Quella grande è fatta di provvedimenti governativi e sovranazionali che spezzano la linea narrativa che ha sempre visto divisi i destini degli uomini e delle donne, per gettare le basi di un futuro più costruttivo, collaborativo e, soprattutto, più equo.Le voci critiche chiosano che non sempre i principi etici ed egalitari si sposano con i risultati, con il business. Ma sbagliano. Molte ricerche mostrano chiaramente i benefici di un ambiente di lavoro bilanciato: oltre ad avere una ricchezza di prospettive favorevole all’innovazione, le aziende con un buon Gender Balance sono caratterizzate da un alto livello di collaborazione interna, e una buona reputazione, soprattutto verso i clienti più giovani, più attenti a questi aspetti.

La letteratura recente sottolinea che le aziende più inclusive sono in grado di creare un valore più elevato. Un ambiente di lavoro bilanciato è anche un modo di attrarre e trattenere i talenti migliori: diverse ricerche mostrano come sempre più candidati valutino l’inclusività dell’ambiente lavorativo nella scelta di un posto di lavoro. Le aziende con un Gender Gap ridotto hanno il 21% di probabilità in più di generare profitti superiori alla media dei competitor, soprattutto se le donne sono significativamente presenti anche ai livelli gerarchici più alti. Inoltre, secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, se le lavoratrici fossero numericamente pari ai lavoratori, in Italia il PIL aumenterebbe dell’11%. Numeri alla mano, quindi, l’introduzione di misure inclusive fa bene anche al business.

Breve excursus per inquadrare la UNI/PdR 125:2022

Nel 2010 il Global Compact e l’Ente per l’uguaglianza di genere delle Nazioni Unite (UN Women) hanno redatto i 7 principi del WEP (Women’s Empowerment Principles), che mirano a dare rilevanza alla popolazione femminile all’interno del mercato del lavoro e della comunità. Questi principi mettono in evidenza i casi aziendali che possono ispirare le organizzazioni a promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne. A Santa Margherita Ligure si è tenuto nel 2012 il primo convegno del G20 sull’emancipazione femminile. In quell’occasione la delegazione Women20 ha richiesto un’autorità indipendente da attivare a livello internazionale per monitorare la condizione delle donne e delle ragazze afghane. Il 2015 è lo storico anno dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite. Essa fornisce un progetto condiviso per la pace e la prosperità delle persone e del pianeta, ora e in futuro. Al centro ci sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs), che sono un appello urgente all’azione di tutti i paesi – sviluppati e in via di sviluppo – in una partnership globale. Alcuni di essi si concentrano sull’uguaglianza di genere, in particolare l’SDG 5 che recita: “Ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione”. Uguaglianza significa anche opportunità economiche e sociali per tutti.

Gli interventi istituzionali

La Next Generation EU sta aumentando le possibilità di lavoro per le persone con disabilità e qualsiasi tipo di minoranza e nel 2020 l’Unione Europea ha predisposto il documento “Unione dell’uguaglianza: la Strategia per la parità di genere 2020-2025” definendo obiettivi politici e azioni chiave per raggiungere la parità di genere entro il 2025. Con la Strategia per la parità di genere 2020-2025, l’Unione Europea prevede, tra le altre cose, che enti pubblici e organizzazioni di ricerca che intendono partecipare a Horizon Europe debbano disporre di un Gender Equality Plan (GEP). In tale scenario, a maggio 2021 è nato lo standard internazionale ISO 30415:2021 “Human Resources Management – Diversity and Inclusion”, che offre spunti ampi sul tema della diversità ed inclusione, considerando aspetti come le diversità basate sull’età, sulla provenienza, sulle differenti abilità. Si tratta di un tassello importante all’interno degli interventi legati ai temi di sostenibilità generale ESG dell’Agenda ONU 2030. In questa direzione va anche la UNI/PdR 125:2022, introdotta dal PNRR, che definisce le linee guida sul sistema di gestione per la parità di genere. In Italia, la Strategia per le pari opportunità prevista dal PNRR si inserisce nel solco di quella europea, e stabilisce un obiettivo di crescita del 4% dell’occupazione femminile entro il 2026.

Le tematiche di diversità e inclusione sono ormai diventate un importante fattore distintivo di competitività sul mercato. Negli ultimi anni, ad esempio, la capacità inclusiva è sotto i riflettori per motivi etici, organizzativi e di business. L’impegno sociale e civico delle organizzazioni ha indubbiamente una ricaduta economica ben precisa: la scelta dei consumatori risulta ormai orientata dal comportamento etico/sociale delle organizzazioni. Rispondere alle nuove esigenze diventa quindi per l’organizzazione una scelta strategica, oltre che un’esigenza per rispondere ai cambiamenti culturali in atto.

 

Un percorso di cambiamento

La UNI/PdR 125:2022 è la “Linea guida sul sistema di gestione per la parità di genere” che ha l’obiettivo di avviare un percorso sistemico di cambiamento culturale nelle organizzazioni al fine di raggiungere una più equa parità di genere, agendo sui seguenti driver: rispetto dei principi costituzionali di parità e uguaglianza, adozione di politiche e misure per favorire l’occupazione femminile, anche con incentivi per l’accesso al credito e al mercato, oltre ad agevolazioni fiscali. Prevede l’adozione di misure che favoriscano l’effettiva parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, tra cui: pari opportunità nell’accesso al lavoro, parità reddituale, pari accesso alle opportunità di carriera e di formazione, piena attuazione del congedo di paternità in linea con le migliori pratiche europee. Supporta la promozione di politiche di welfare a sostegno del “lavoro silenzioso” di chi si dedica alla cura della famiglia, nel rispetto dell’art. 3.1 della Costituzione (uguaglianza formale); adozione di misure specifiche a favore delle pari opportunità, in linea con quanto stabilito dall’art. 3.2 della Costituzione (uguaglianza sostanziale), integrazione del principio dell’equità di genere nella normativa nazionale affinché la sua adozione volontaria diventi riferimento qualora fosse richiesto alle organizzazioni di certificare la sostenibilità e l’adozione di politiche di genere, in contesti quali, ad esempio, gare di appalto, rilascio di contributi pubblici oppure da un sistema di premialità.

Certificarsi in conformità alla Parità di Genere

“Qualsiasi organizzazione appartenente a qualsiasi settore di attività può certificarsi in conformità alla Parità di Genere“, spiega Anna Magon, Sustainability Manager di Ayming Italia S.r.l. SB, multinazionale di consulenza. “Parliamo di tutte le imprese interessate a garantire attività lavorative socialmente accettabili e a promuovere il miglioramento costante sia della gestione dei cosiddetti ‘rischi aziendali’, sia delle relazioni con le parti interessate interne ed esterne all’organizzazione. Il modello di Business di Ayming spinge all’eccellenza le competenze chiave richieste per affrontare il tema della Gender Equality, che può presentare aspetti delicati e potenzialmente ‘divisivi’ se non ben gestiti. Forniamo approcci multidisciplinari, che integriamo con paradigmi e strumenti validati e aggiornati.”

Ci sono vantaggi tangibili e non trascurabili per coloro che intraprendono questo percorso virtuoso: “Per il 2022 è previsto un esonero contributivo dell’1% (nel limite massimo di 50 mila euro annui) a favore dei datori di lavoro” prosegue Magon. “L’INPS, con il messaggio 3 aprile 2023, n. 1269, ‘Differimento al 30 aprile 2023 del termine di presentazione delle domande di esonero contributivo di cui alla legge 5 novembre 2021, n. 162, per i datori di lavoro del settore privato che siano in possesso della certificazione di parità di genere. Chiarimenti riguardanti la modalità di trasmissione delle richieste’ informa che sono stati riaperti i termini per le domande di esonero contributivo in favore dei datori di lavoro privati con certificazione di parità di genere”. Non trascurando il vantaggio competitivo ottenuto migliorando le condizioni del lavoro, che rende il personale più motivato, non finiscono le premialità per le imprese virtuose che adottano la UNI/PdR 125:2022:

“È previsto un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti – elenca Magon – maggior punteggio attribuibile in sede di valutazione delle offerte di beni e servizi presentate da aziende che adottino politiche per il perseguimento della parità di genere comprovata dalla Certificazione della parità di genere e riduzione del 30% dell’importo della garanzia richiesta e del suo eventuale rinnovo, relativa alle fideiussioni per partecipazione a gare pubbliche.”

La giornalista francese Christiane Collange ha scritto: “Quando si appartiene a una minoranza, bisogna essere migliori per avere il diritto di essere uguali”, l’introduzione di provvedimenti come la UNI/PdR 125:2022 aiuteranno sicuramente a cancellare questa disparità.