L’industria vincente è quella che segue i ritmi della cultura che genera la domanda

di Chris Govier, Presidente di Kornit Digital Europe

Chi sta al passo con la produzione, come fa Kornit Digital, un comune denominatore che emerge ripetutamente è quanto sia complessa e lenta l’industria tessile e della moda tradizionale. Offshoring, scarti e inefficienza sono all’ordine del giorno, non un’eccezione, e la transizione verso un modello più efficace e sostenibile è incredibilmente lenta perché questa industria resta tra le più inquinanti al mondo. Non è un mistero che il Forum economico mondiale stima che l’industria tessile e della moda sia responsabile del 10% delle emissioni di carbonio in tutto il mondo. Come se ciò non bastasse, ogni anno più dell’85% dei tessili prodotti finisce nei cassonetti della spazzatura. E anche se questa non è una novità per chi conosce bene l’industria, la cosa che sorprende è quanto poco si stia facendo per cambiare questa dinamica, nonostante l’urgenza di un cambiamento.
Al contrario, la Harvard Business Review segnala che l’industria sta tornando indietro, con report che indicano che l’evoluzione verso un’industria della moda sostenibile non è avvenuta negli ultimi due decenni. La produzione di pantaloncini e scarpe genera più scarti che mai, con il 75% degli articoli prodotti destinati all’inceneritore o alla discarica.

 

Allora perché il cambiamento non avviene?

Uno dei principali responsabili è senz’altro la mancanza di una legislazione specifica  che incentivi il cambiamento. Un piccolo spiraglio è dato dalla recente proposta di legge, il New York Fabric Act, che impone all’industria di ridimensionarsi per non subire le conseguenze. Se approvata, la legge obbligherà i produttori e i commercianti al dettaglio dell’industria della moda a divulgare integralmente le loro politiche sociali e ambientali. In Francia, sta prendendo piede l’ID digitale, presente sul capo e sul cloud, per garantire la tracciabilità universale dei prodotti e ridurre la generazione di scarti nell’industria della moda. Ma, come si dice, l’azione vale più di mille parole. E oggi, grazie a un nuovo mondo di creativi, Kornit è convinta che sia arrivato il momento di un cambiamento mirato e misurabile, sufficientemente ampio da includere la supply chain globale su cui si basa l’industria della moda.
La buona notizia è che la domanda del mercato diventerà quasi sicuramente una forza trainante fondamentale per il semplice fatto che la personalizzazione di massa, la rapidità di cambiamento delle preferenze dei clienti e la necessità di una risposta immediata obbligheranno a una produzione nearshore e onshore. È l’unico modo in cui brand e creativi possono competere e vincere in questo nuovo modello di domanda.

 

La cultura guida la trasformazione digitale

Il mondo sta vivendo una trasformazione digitale senza precedenti Kornit Digital ritiene che la cultura sia alla guida del cambiamento in tutte le industrie. Il mondo post-COVID ha visto un’accelerazione nell’economia dei creatori che nessuno si sarebbe mai immaginato. I nativi digitali sono cresciuti e il loro spirito rivoluzionario si fa sentire. Secondo Statista, l’uso di TikTok è quasi raddoppiato tra le persone di età compresa tra 15 e 25 anni dopo la pandemia di COVID, e i brand sono chiamati a interagire in modo efficace con questi nuovi creatori (e consumatori). Uno dei clienti di maggiore successo di Kornit, un fornitore di tessuti realizzati su misura chiamato Spoonflower, ora consociata di Shutterfly, ha parlato una volta di un “esercito di Etsy” che ha arricchito la loro libreria di design con oltre 1,8 milioni di creazioni digitali, ognuna pronta per la stampa on demand, per essere personalizzata in un numero illimitato di capi, accessori, articoli per la casa o altri prodotti tessili “fai-da-te”.
I clienti chiedono immediatezza, per catturare l’attimo che viene vissuto. Non vogliono aspettare settimane o addirittura mesi per condividere i loro momenti importanti. Come è avvenuto nel mondo della musica: l’accesso semplice e rapido delle canzoni che evocano emozioni che hanno reso una persona felice o triste. L’immediatezza della cultura è in sintonia con la tecnologia e i processi che consentono di realizzare il desiderio. L’industria si può muovere alla velocità della cultura.

 

Un’evoluzione comune a diverse industrie

Questo cambiamento di cultura sta avvenendo in quasi tutte le industrie creative, dalla musica all’arte. I consumatori ottengono ciò che desiderano nell’attimo stesso in cui lo desiderano. Sfortunatamente, l’industria che deve ancora mettersi in pari è quella dell’abbigliamento e della moda. Ciò è dovuto a una supply chain analogica fatta per il vecchio modo di produzione. Recentemente, Kornit Digital ha partecipato a un evento dedicato ai buyer dell’industria tessile e della moda a New York. Nel corso di un’interessante tavola rotonda, William Brenninkmeyer, Global Sourcing Manager e Lead of Innovation di C&A, ha sottolineato: “Stare al passo con le tendenze è impossibile con una supply chain analogica, dove il lead time è di 6-8 mesi. Ma oggi, le tecnologie di produzione digitale rendono possibile il fulfillment on demand, traducendo i concept in prodotti per i clienti in soli due giorni. È incredibile”.

Questo nuovo modello che sta prendendo forma è reso possibile dalla produzione digitale. La produzione on demand digitale offerta da aziende come Kornit Digital, che permette ai produttori di canalizzare in una strategia di fulfillment i dati di consumatori e creativi digitali che includono comportamenti di acquisto, ascolto dei social media e altro, risponde alla domanda di una supply chain digitale più agile ed efficace del ciclo previsionale di 18 mesi tradizionale. Risponde inoltre all’imperativo di sostenibilità allineando l’offerta alla domanda e riducendo così gli scarti generati inevitabilmente dalla produzione basata sulle previsioni. Questo approccio permette anche la personalizzazione a livello di micro-community e del singolo. Ciò significa capitalizzare sullo spirito culturale e creare vantaggi concreti per retailer come C&A.

Nella stessa tavola rotonda, Aaron Day, CEO di Amaze Software, ha dichiarato: “La supply chain analogica è stata creata per rispondere a determinate esigenze in un periodo specifico, ma quel mondo è stato perturbato da un cambiamento culturale. Se si considerano tutti i costi associati, credo che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta in cui produrre una t-shirt on demand costa meno di produrne una con una macchina da stampa tradizionale”.

 

Per le aziende native digitali è più facile

Per chi sta entrando oggi nell’industria, potrebbe non essere difficile adottare processi digitali. Le aziende leader con produzione digitale possono godere a pieno titolo della potenza della tecnologia “phygital”, che colma il divario tra le immagini create digitalmente e la realizzazione fisica di tali concept. Questo modello di produzione consente di autenticare e incorporare con estrema efficacia tendenze emergenti come IA e NFT. Ma se sei un produttore di vecchio stampo, nato e cresciuto con supply chain fisica?

Mentre queste tecnologie sono il partner naturale dei brand con una considerevole attività di e-commerce, le cose sono molto più difficili per i retailer il cui modello di vendita rimane ancorato alle fortune del tipico punto vendita fisico. Prendiamo l’esempio della grande catena retail europea C&A. Fondata più di 180 anni fa, con oltre 1.200 punti vendita fisici in tutto il mondo, C&A ha tutte le caratteristiche della potente produzione retail, eppure rimane vulnerabile nell’era dell’“apocalisse del retail” basata sul Web. Per quanto controintuitivo, un’azienda simile può trarre un grande vantaggio dalle tecnologie Web3 che si poggiano sulla trasformazione digitale, sfruttando le tendenze consumer emergenti e la creazione di contenuti personalizzati.

Secondo Brenninkmeyer, C&A sta investendo considerevolmente nella digitalizzazione per attuare il “rightshoring” per strategie di fulfillment su misura basate sui mezzi più efficaci per servire clienti e brand diversi. Rispondendo alle esigenze di un’economia di creatori, e affrontando le sfide legacy di sovrapproduzione, sostenibilità e supply chain inefficienti, la produzione digitale on demand permette di digitalizzare parti essenziali delle loro supply chain per adottare più rapidamente il nearshoring. Ciò non solo contribuisce a eliminare le perturbazioni della supply chain, ma permette di capitalizzare sulla domanda di un’industria più efficiente e sostenibile, aggirando le preoccupazioni dell’ecologismo di facciata (“greenwashing”) e rendendo l’alternativa più sostenibile anche quella con il più alto margine di profitto.

 

I grandi sport e fashion brand seguono il cambiamento

Lo stesso cambiamento sta avvenendo in tutta l’industria. Basta guardare brand tradizionali come Nike e Gucci, che si stanno buttando a capofitto in intelligenza artificiale e NFT. Questi brand sono coscienti che questo cambiamento di cultura richiede un cambiamento nel modo di agire e produrre dei creatori. Per queste aziende potrebbe non essere necessario adottare completamente una supply chain digitale, potrebbe infatti bastare l’adozione delle parti a loro più idonee. Le aziende stanno valutando tutte le nuove opzioni disponibili per evitare di perdere tempo in cose che non funzionerebbero e stanno adottando tecnologie che fruttano il massimo.

L’ecosistema in espansione delle tecnologie digitali disponibili offre ai brand, dal designer cresciuto nel mondo digitale che sogna di creare il proprio marchio di moda al retailer tradizionale , la possibilità di unirsi e trarre vantaggio dall’economia dei creatori; di fornire eccellenti prodotti fisici di alta qualità e di allineare meglio domanda e offerta, eliminando gli scarti da sovrapproduzione. Possono realizzare in modo più rapido i prodotti che i consumatori desiderano, riducendo i rischi associati all’attuale mercato globalizzato.

E sta succedendo tutto adesso… l’industria della moda si sta muovendo alla velocità della cultura digitale.