Il Parlamento europeo e il Consiglio UE hanno approvato quattro nuove direttive (n.849, 850, 851, 852) che aggiornano in forma e contenuto le norme precedenti e che dovranno essere recepite e armonizzate in Italia, come negli altri Paesi membri, entro luglio 2020.

Non è un caso che il Parlamento europeo abbia approvato alla fine di novembre 2019 una risoluzione con la quale dichiara lo stato di emergenza climatica in tutta Europa. Sullo sfondo, la nuova presidenza della Commissione e la sua squadra di commissari, insediata ai primi di dicembre dello stesso anno, ha già stabilito un’agenda che pone al centro la politica ambientale in tutte le sue declinazioni. Per gli operatori nel campo dei rifiuti, smaltimento e riciclo, si apre una nuova fase che rimette in discussione gli attuali modelli di business, seguendo il mantra dell’economia efficiente, sostenibile e verde.

L’Unione europea ha iniziato a prendersi cura dell’ambiente con una serie di interventi normativi strutturali che risalgono alla fine degli anni Novanta, quando ancora si chiamava Comunità europea (CE, ndr). Sia mediante disposizioni di carattere generale, contenute all’interno della direttiva sui rifiuti 98/2008/CE. Sia attraverso una disciplina di dettaglio in materia di: imballaggi (62/1994/CE); discariche (31/1999/CE); veicoli fuori uso (53/2000/CE); pile e accumulatori (66/2006/CE); apparecchiature elettriche ed elettroniche – RAEE (ex 19/2012)-. Il Parlamento europeo e il Consiglio UE hanno approvato il “Pacchetto rifiuti”, in vigore da luglio 2018 su base europea: le nuove quattro direttive (n.849, 850, 851, 852) aggiornano così in forma e contenuto le norme sopra riportate (che, peraltro, erano sei), e dovranno essere recepite e armonizzate in Italia, come negli altri Paesi membri, entro luglio 2020.

Gli obiettivi, i cambiamenti, le tempistiche

Alla base di questo cambio di passo, il leitmotiv è proprio quello dell’economia circolare: sintagma che coinvolge la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti urbani e il riciclaggio degli imballaggi. Pone inoltre come obiettivo generale la riduzione complessiva della quantità di rifiuti da conferire in discarica (tout court) e quelli per il compostaggio. Un secondo obiettivo è il riciclo del 65% dei rifiuti di imballaggi entro il 2025 (70% entro il 2030) con obiettivi diversificati per materiale, come illustrato nella tabella (fonte europarl): le nuove regole riguardano anche le discariche e prevedono un obiettivo vincolante di riduzione dello smaltimento in discarica. Entro il 2035 al massimo il 10% del totale dei rifiuti urbani potrà essere smaltito in discarica.

La responsabilità estesa del produttore (EPR) e l’intervento dell’Italia

Se storicamente tra i Paesi membri più proattivi nelle tematiche ambientali riconosciamo quelli dell’Europa nord continentale, l’Italia è certamente in prima fila tra coloro che promuovono iniziative legislative e politiche volte ad anticipare l’agenda europea. L’inizio del 2020, segnerà inoltre il momento della riorganizzazione amministrativa e dipartimentale del Ministero dell’Ambiente (Mattm), e porterà alla definizione di una Direzione generale appositamente creata per accogliere le unità operative legate proprio all’economia circolare. La Direzione, inedita, rappresenta un elemento che segue il proposito di creare nuove sinergie tra pubblico e privato: non solo Mattm, ma anche enti pubblici come l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dialogheranno con sempre maggiore frequenza insieme alle associazioni di categoria per raggiungere un punto di equilibrio tra le sfide ambientali e le necessità di un mercato complesso: competitivo ed ecosostenibile.

Come ogni anno infatti, la Legge di Delegazione europea, al vaglio dei corpi istituzionali statuali, impone un alto grado di coinvolgimento tecnico degli attori competenti per materia nel processo di integrazione delle norme all’interno dell’ordinamento italiano. Nello specifico, in questo quadro di interventi, è proprio il Mattm a coordinare i lavori che portino al recepimento del “Pacchetto rifiuti”. A fronte della normativa italiana previgente (d.lgs. 152/2006), alcuni articoli, quali ad esempio il 178, il 178-bis e il 178-ter del relativo decreto, subiranno modifiche dettate dagli articoli 8 e 8-bis della direttiva europea 851/2018 (detta anche “End of waste”).

Vengono infatti introdotti i cosiddetti “Requisiti generali minimi in materia di responsabilità estesa del produttore”.  Cosa prevedono tali criteri:

procedere al riordino dei principi generali di riferimento;
definire i modelli ammissibili di responsabilità estesa per i sistemi di gestione delle diverse filiere, nonché  procedure omogenee per il riconoscimento;
prevedere una disciplina sanzionatoria;
definire la natura del contributo, l’ambito di applicazione e le modalità di determinazione  in relazione alla copertura dei costi di gestione nonché prevedere adeguati sistemi di garanzia;
estendere l’obbligo di raccolta per l’intero anno di riferimento, al di là dell’adempimento dell’obiettivo fissato;
prevedere l’obbligo, nell’ambito della responsabilità estesa, di sviluppare attività di comunicazione e di informazione ai fini della promozione ed implementazione delle attività di riutilizzo e recupero dei rifiuti;
disciplinare le attività di vigilanza e controllo sui sistemi di gestione;
prevedere sanzioni proporzionate in relazione agli obiettivi di riciclo definiti a livello nazionale ed europeo” (fonte Mattm).

I dettagli delle norme nel processo di armonizzazione

Per procedere alla fattibilità dei punti sopra elencati, il Ministero porta avanti i tavoli di lavoro e relative consultazioni, con lo scopo di rendere il percorso di armonizzazione tra norme di vario livello compatibile con l’ecosistema economico di riferimento. Oltre al pilastro della sostenibilità ambientale, vi sono una serie di garanzie che potrebbero essere introdotte all’interno del nuovo testo. Il comma 5 dell’articolo 178-bis, in materia di sanzioni, pone come presupposto l’iscrizione dei produttori interessati a un registro apposito: si tratta, in altre parole, di uno strumento di qualificazione degli operatori; un sistema che, in prima battuta, è volto a ricalcare il principio della trasparenza. Infine, la modifica dell’articolo 178-ter (sempre relativo al d.lgs.152/2006), mira a migliorare la governance in tema di Responsabilità estesa del Produttore (EPR), ma la ricerca di un possibile assetto è ancora oggetto di analisi. Gli elementi sopra riportati derivano dai contenuti dell’articolo 8-bis della direttiva madre sui rifiuti, la 851/2008.  In vista del 2020, la concertazione tra pubblico e privato prosegue: il tempo dirà se l’Italia sarà in grado di essere all’altezza del compito; mentre l’Europa, intanto, ci osserva.