Sempre più aziende scelgono di personalizzare i barcode presenti sulle proprie confezioni per rafforzare l’identità del brand.

Chi l’avrebbe mai detto che anche un codice a barre potesse diventare un elemento decorativo alla pari degli effetti di stampa e nobilitazione presenti sulle confezioni. In un recente articolo su Dieline, in cui la giornalista Chloe Gordon racconta come sempre più aziende scelgano di realizzare codici a barre creativi e personalizzati per distinguersi dalla concorrenza e rimanere impressi nella memoria dei consumatori.

Un servizio talmente richiesto e apprezzato da incentivare la nascita di servizi come quello offerto da Vanity Barcodes, agenzia specializzata nella creazione di codici a barre creativi e personalizzati, conformi al Codice Prodotto Universale (UPC). Catene come Trader Joe’s e Aldi hanno cominciato a introdurre questi codici personalizzati su centinaia di referenze. Per i grandi marchi con migliaia di prodotti a catalogo e flussi di lavoro molto standardizzati, realizzare codici a barre personalizzati è più complesso, tanto che la pratica attualmente coinvolge maggiormente i sistemi di confezionamento di marchi più piccoli o con meno referenze.

Anche se la loro presenza ci appare scontata, i primi codici a barre fecero la loro comparsa all’inizio degli anni Settanta su un pacchetto di gomme in vendita in un supermercato dell’Ohio. A mettere al punto questa rivoluzionaria tecnologia furono Joseph Woodland e Bernard Silver, studenti di ingegneria, alla ricerca di un sistema in grado di automatizzare le operazioni di cassa  su richiesta del proprietario di un’azienda del settore alimentare. Oggi i codici a barre sono presenti su ogni categoria merceologica esistente. Possiamo distinguere due macro categorie: da un lato i codici lineari di cui fanno parte l’Universal Product Code (UPC) che fa riferimento a prodotti provenienti da Regno Unito, USA, Australia, Nuova Zelanda e Canada e l’European Article Number (EAN) utilizzato prevalentemente nel mercato europeo. Dall’altro i codici bidimensionali di cui fanno parte i famosi QR code.

Come spiega Gordon, dal momento che molti marchi direct-to-consumer si stanno direzionando verso la vendita al dettaglio, è probabile che nei prossimi anni vedremo spuntare sempre più barcode personalizzati. Anche se apparentemente la personalizzazione di un codice a barre può apparire insignificante, si tratta di un’ulteriore dimostrazione della cura al dettaglio che un certo brand dedica ai propri prodotti, senza trascurare anche il più piccolo dettaglio. I consumatori percepiscono che le persone che lavorano dietro a un brand tengono veramente a ciò che mettono a scaffale, tanto da essere disposte a spendere tempo e denaro per qualcosa di così piccolo come un codice a barre cui solo una manciata di consumatori è destinata a fare caso.