Il nostro pianeta ha vissuto secoli di mutamento. A pagarne il prezzo però, fin dalla metà dell’Ottocento, siamo noi stessi. L’intera umanità, sia pure con profonde differenze, ha ottenuto un netto miglioramento delle proprie condizioni di vita grazie a ciò che, in una parola sola, viene definito ‘progresso’. Il progresso tecnologico ha portato a uno stravolgimento della società: ha modificato i ritmi e le abitudini di ogni individuo. Tutto è cambiato, apparentemente in meglio, con la trasformazione delle città e delle campagne. La corsa sfrenata verso un teorizzato modello di benessere per tutto il Novecento è stata accompagnata a un sistema economico incentrato sull’aumento della produzione mediante l’utilizzo di materie prime, rinnovabili e non, il riscorso ai combustibili fossili e l’ossessione per carbone e acciaio. Si è inculcata l’esigenza di acquistare, consumare, gettare via per poi ricominciare a comprare in modo compulsivo beni di breve durata, facilmente sostituibili da altri beni.

Per decenni, a livello globale, si è pensato a un eterno presente. E così, non ci si è curati della terra che ci ospita: il risultato è stato un aumento massiccio dell’inquinamento. Poi, come d’incanto, è sorto il sospetto che, un sistema guidato solo dalle regole ereditate e perpetrate dalla rivoluzione industriale, fosse imperfetto. Pericoloso, persino. Lo stato di salute del clima è stato messo sotto osservazione da molti Paesi che, sparutamente, hanno riconsiderato la validità dei propri tessuti produttivi e, da questi piccoli flebili segnali isolati, ci si è resi conto che la qualità dell’aria, nelle città così come nelle campagne, stava calando sempre più.

Qui, la storia recente si intreccia con la cronaca dei nostri tempi. Nei primi anni Novanta del secolo scorso, entra nelle agende dei capi di Stato e di governo la questione climatica. Si discutono i primi negoziati, accordi internazionali. Il tema del riscaldamento globale trova cittadinanza in vari incontri, sempre più partecipati: a Rio de Janeiro si celebra il summit della Terra, la cosiddetta Conference of the Parties (COP1) nel 1992. In questa occasione viene stipulata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC): un trattato internazionale dove ci si impegna a ridurre le emissioni di gas serra, non vincolante sotto il profilo legale. Con il Protocollo di Kyoto di poco successivo, si configura invece un obbligo per i Paesi più industrializzati di ridurre le emissioni. A dispetto degli Stati Uniti, che non prendono parte all’appuntamento, l’Unione europea tira le fila di questo cambio di passo, dando l’impressione che l’umanità sia di fronte a un bivio. E così arriviamo agli accordi di Parigi sul clima, in vigore dal 2016, cui sono seguiti i lavori di Bonn nel 2017: l’obiettivo è contrastare il mutamento climatico e lavorare per abbassare la temperatura della Terra di due gradi centigradi. Come?

L’avvento del GPP e dei CAM

L’Unione europea dispone rimedi di carattere generale per conciliare i cicli produttivi e la salvaguardia dell’ambiente. Nasce il Green Public Procurement (GPP), strumento volto a “favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica” (questa la definizione data dal sito del Ministero italiano dell’Ambiente della Tutela del territorio e del mare – MATTM). Il GPP si inserisce all’interno del quadro europeo per le politiche ambientali in cui le coordinate sono date da una parte dal Piano d’azione per il consumo la produzione e la politica industriale sostenibile, dall’altra con il modello Sustainable Consumption and Production (SCP).

Possiamo sintetizzare la ratio del GPP attraverso una serie di parole chiave: acquisti verdi, sostenibilità ambientale e sociale, efficientamento delle risorse, economia circolare. Al GPP, adottato in Italia nel 2008, si sono aggiunti i criteri ambientali minimi (CAM), che sono i “requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato”. Sono strumenti che disciplinano, in dettaglio, varie categorie merceologiche, attraverso decreti del MATTM, all’interno di una cornice normativa più ampia che include la L.221/2015 e il D.lgs 50/2016 (il codice degli appalti), che ne ha reso obbligatoria l’applicazione per tutte le stazioni appaltanti.

I CAM non rappresentano un sistema chiuso: vi sono categorie che sono oggetto di prossima regolamentazione e altre di revisione. Tra queste ultime segnaliamo le forniture di stampanti e apparecchiature multifunzione e noleggio di stampanti e apparecchiature multifunzione e le forniture di cartucce toner e cartucce a getto di inchiostro e servizio integrato di raccolta di cartucce esauste e fornitura di cartucce di toner e a getto di inchiostro. In vigore già dal 2013 il CAM per “Acquisto di carta per copia e carta grafica”.

Anatomia dei CAM, legame con il codice degli appalti e processo di definizione

“I documenti di CAM, ognuno nella sua specificità, presentano una struttura di base simile. Nella premessa, si riporta la normativa ambientale ed eventualmente sociale di riferimento, suggerimenti proposti alle stazioni appaltanti per l’analisi dei fabbisogni, ulteriori indicazioni relative all’espletamento della relativa gara d’appalto e, laddove non è prevista la definizione di un documento di accompagnamento tecnico, l’approccio seguito per la definizione dei CAM. L’oggetto dell’appalto evidenzia la sostenibilità ambientale e, ove presente, la sostenibilità sociale, in modo da segnalare la presenza di requisiti ambientali ed eventualmente sociali nella procedura di gara. Le stazioni appaltanti dovrebbero indicare sempre nell’oggetto dell’appalto il decreto ministeriale di approvazione dei criteri ambientali utilizzati.

La definizione dei CAM rientra fra i compiti assegnati al Comitato di Gestione del GPP che si avvale, per la loro elaborazione, di Gruppi di lavoro tecnici composti, rappresentanti ed esperti della Pubblica amministrazione e delle centrali di committenza, di enti di ricerca, di università, nonché dei referenti delle associazioni di categoria degli operatori economici del settore di riferimento (…). I CAM così elaborati vengono successivamente condivisi nel Comitato di Gestione ed inviati, in allegato al Decreto del Ministro dell’Ambiente della tutela del territorio e del mare, ai Ministri dello Sviluppo Economico e dell’Economia delle Finanze per acquisire eventuali osservazioni. Il documento definitivo viene adottato con Decreto del Ministro dell’ambiente e pubblicato in G.U” (fonte sito del MATTM).

Nonostante le premesse, l’Unione europea e l’Italia in particolare, stanno dimostrando concretamente il proprio impegno affinché avvenga la trasformazione dei cicli produttivi e i principi dell’economia verde restino in cima alle linee guida per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni. Tuttavia, i CAM e il GPP sono ancora strumenti troppo poco conosciuti, sia dalle stazioni appaltanti che dai privati. La difficoltà di adottare i CAM e integrarli all’interno dei rispettivi modelli di business (per le aziende), è confermata da dichiarazioni e note ufficiali da parte dello stesso MATTM; tale ritardo è in parte compensato da casi di buone pratiche condotte da pubbliche amministrazioni e determinati settori privati. Il futuro riserva opportunità importanti per le imprese capaci di intercettare il futuro.

di Marco Deplano

Questo articolo è apparso su il Poligrafico 190

 

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