A circa due anni dall’acquisizione delle Grafiche Artigianelli, per crescere nel settore di fascia alta della stampa piana, Tiber ha messo a segno un’altra importante operazione di sviluppo per linee esterne. Questa volta più focalizzata alla diversificazione sul fronte del packaging e per la crescita nella stampa offset di qualità. Nelle scorse settimane, infatti, l’azienda bresciana fondata da Armando Becchetti (presidente) e guidata dal figlio Giacomo (direttore generale) ha acquisito il 100% del capitale di un’altra storica azienda bresciana. Tiber ha rilevato dalla famiglia Zucchi (che continua però a mantenere posizioni di responsabilità in azienda) la Color Art di Rodengo Saiano.

Fondata nel 1978, Color Art è cresciuta negli anni fino ad assumere l’attuale dimensione di impresa specializzata sia nella stampa offset, sia in quella digitale per il mercato commerciale ed editoriale di fascia medio-alta e nel packaging, in particolare per il settore cosmetico. Forte di un parco macchine piane composto da tre Heidelberg 70×100 a 4, 5 e 8 colori (la prima con spalmatore e stampa convertibile, la seconda con spalmatore e stampa Uv), da un reparto digitale dotato di macchine Konica Minolta, da un impianto di nobilitazione Mgi e da una completa legatoria, Color Art dà lavoro a una cinquantina di dipendenti e fattura circa 10 milioni di euro.

Un’impresa in crescita e redditizia, che manterrà sede e marchio commerciale attuali e dove sono già stati programmati investimenti e assunzioni nel finishing sotto la guida direttore di stabilimento Giovanni Vaglia. Tiber, spiega Giacomo Becchetti, ha colto questa occasione ritenendo Color Art complementare alla sua attività e come volano di ulteriore sviluppo in particolare nel mercato del packaging.

La strategia di diversificazione di Tiber – che con Color Art complessivamente fattura 45 milioni di euro con circa 150 dipendenti -, conosciuta come azienda rotativista, aveva visto cinque anni fa l’ingresso nel settore della stampa piana. Nel maggio del 2014 infatti, Tiber aveva sostituito la prima macchina piana messa in produzione, una Komori a 10 colori 50×70 con una Komori 70×100 sempre a 10 colori. Una scelta, come aveva spiegato allora Giacomo Becchetti, dettata dall’esigenza di portare all’interno alcune lavorazioni che venivano effettuate all’esterno, come ad esempio copertine, allegati e inserti. E proprio la nuova Komori era poi stata trasferita due anni fa nello stabilimento delle Grafiche Artigianelli che anch’esse hanno continuato a mantenere nome e ragione sociale diventando il centro di stampa piana del gruppo lasciando alla storica azienda di famiglia (la Tiber) il compito di continuare nell’attività originaria di rotativisti. Artigianelli già presidiava, con un fatturato di oltre 4 milioni di euro e oltre 20 dipendenti, un’interessante quota del mercato offset servendo, con due macchine Heidelberg 4 e 5 colori in formato 70×100 una qualificata clientela editoriale e commerciale, comprese alcuni brand della moda.

Tiber, con un fatturato di quasi 30 milioni di euro e una settantina di dipendenti – è rimasta invece focalizzata sulla stampa in rotativa sia per clienti italiani che esteri a cominciare da Francia, Germania e Olanda. E proprio per servire al meglio la sua clientela, un anno e mezzo fa aveva installato un’altra 48 pagine, una Kba C618, macchina di seconda mano acquistata però direttamente dalla casa tedesca che l’ha completamente revisionata. La “nuova” Kba era stata affiancata alle altre due rotative “gemelle” già in produzione, una Compacta 618 a 48 pagine e una Compacta 318 a 24 pagine.

di Achille Perego