Con un emendamento alla normativa quadro sui rifiuti, la Commissione europea ha chiesto l’introduzione di nuove regole sulle responsabilità del settore tessile. L’Italia è partita in anticipo, ma non esisteuna bozza di legge.

Attualmente, l’Ue genera 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili all’anno. Di questi 5,2 milioni di tonnellate tra abbigliamento e calzature, pari a 12 kg di rifiuti pro capite ogni anno. Solo il 22% dei rifiuti tessili post-consumo viene raccolto separatamente per essere riutilizzato o riciclato, mentre il resto viene spesso incenerito o smaltito in discarica. Secondo il vice presidente della Commissione Ue, Frans Timmermans “Il rapporto dispendioso che abbiamo sviluppato con i prodotti tessili consuma quantità eccessive di acqua ed energia, danneggia la natura e genera emissioni di gas serra in tutto il mondo”.

A fronte di ciò, qualche settimana fa, con una proposta di modifica alla direttiva quadro sui rifiuti, la Commissione Europea ha chiesto (e ottenuto) l’introduzione obbligatoria di sistemi di responsabilità estesa per i prodotti tessili all’interno degli Stati Membri. L’iniziativa rappresenta “un passo significativo verso un’industria tessile più sostenibile” ha dichiarato il Commissario all’ambiente Virginius Sinkevicius. L’obbligo di coprire i costi di gestione dei rifiuti tessili incentiva infatti i produttori a ridurre gli scarti e, parallelamente, a progettare i nuovi prodotti in un’ottica circolare.

Al momento la normativa europea impone agli Stati membri di istituire raccolte separate per i prodotti tessili entro il 2025, pur lasciando loro il potere di creare regimi di responsabilità estesa del produttore più articolati e specifici. Al momento, l’unico Paese europeo ad avere un sistema ERP operativo è la Francia. La Svezia ha introdotto una legge nel 2022, con obbligo di entrata in vigore entro il 1 gennaio 2024. Spagna e Italia hanno elaborato delle proposte, rigettate dagli stakeholder, ma ad oggi non esiste ancora una bozza di legge condivisa. A dire la verità il nostro Paese ha provato a giocare d’anticipo, lanciando a febbraio una consultazione sullo schema di decreto del Ministero dell’Ambiente che avrebbe dovuto introdurre nuove regole per gli operatori di settore. Al termine della consultazione, il procedimento si è però fermato.

Secondo l’UE, i contributi versati dai produttori serviranno a finanziare sistemi di raccolta, selezione, preparazione al riuso e riciclo, anche in relazione all’obbligo di differenziata che la normativa europea fissa al 2025. Il contributo che i singoli produttori pagheranno ai sistemi di responsabilità estesa, chiarisce la Commissione, sarà adeguato in base alle prestazioni ambientali dei tessili, in virtù del principio della ‘ecomodulazione’. La proposta affronta anche la questione delle esportazioni illegali di rifiuti tessili verso America Latina, Nord Africa e Oriente, spesso non attrezzati per la loro corretta gestione.