Nel giro di poche settimane una tenue speranza di sopravvivenza si è trasformata nella quasi certezza di un epilogo purtroppo rapido e sfavorevole. Si riassume così la vicenda della veronese Apollonio, storica azienda (è in attività fin dal 1920) specializzata nella produzione di buste per corrispondenza e mailing, che sta attraversando da tempo una grave crisi di mercato e che con il passare del tempo si sta avvitando sempre più in una spirale di aspri confronti e prospettive negative.

Nella consapevolezza che le difficoltà dell’azienda si riverberano sull’economia di una intera vallata (al confine tra Verona e Vicenza) si era suggerito di estendere la trattativa, oltre che alla proprietà e ai dipendenti, anche agli enti locali e alla politica, fino al livello regionale. Ma pochi giorni fa l’incontro istituzionale convocato a Venezia dall’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan, alla presenza del sindaco di Tregnago e dei politici locali, non ha riaperto la partita ma ha anzi confermato che è praticamente chiusa.

Infatti le istituzioni e i rappresentanti dei sindacati hanno atteso inutilmente il confronto con i vertici aziendali della Apollonio, che sia pure invitati non si sono presentati e non hanno ritenuto di commentare questa scelta. Una netta presa di distanza che renderà ancor più complicata la ricerca di un compromesso alternativo alla chiusura. “L’assenza della proprietà è molto grave”, commenta Alberto Pietropoli, segretario di Ugl Carta e stampa, che si occupa della vertenza con Nicola Burato di Fistel Cisl.

“Dobbiamo dare risposte a tutta la comunità, a partire dai cento lavoratori che si trovano in cassa integrazione straordinaria da febbraio e soprattutto attendono gli arretrati degli stipendi da ottobre 2013 a gennaio 2014. Il datore di lavoro, inoltre, doveva versare la quota di Tfr nei fondi pensione, ma i versamenti sono stati solo figurativi. La situazione è drammatica e il rifiuto anche al confronto politico non fa che confermarlo”.

Sul piano tecnico gli aggiornamenti sono tutti dello stesso segno (negativo): la Apollonio ha presentato richiesta di ammissione al concordato preventivo, è stata autorizzata alla vendita di alcuni macchinari e ha già proceduto ad alienare tali beni. “La speranza è che la somma ricavata da queste operazioni sia investita per versare ai dipendenti la parte di retribuzione arretrata che manca all’appello”, sottolinea il rappresentante sindacale.

I tempi sono limitati e si contano ormai in poche settimane, anche se c’è un possibile spiraglio positivo, seppure molto ristretto. Con una parte degli attivi recuperati con la vendita si potrebbe aprire una procedura di mobilità per favorire l’esodo dei dipendenti prossimi alla pensione: ma va fatto entro fine anno, prima che la normativa cambi.

In attesa dei progressi e di un ulteriore incontro in Regione, però, la vicenda di Apollonio potrebbe finire molto presto nel peggiore dei modi: il giudice ha fissato per la fine di novembre l’udienza che potrebbe decretare il fallimento dell’azienda.

Pochi anni fa la Apollonio occupava 114 dipendenti, ai quali si aggiungevano le unità produttive in Veneto e in Puglia, con clienti in Italia e in tutta Europa. Il tracollo è iniziato nel 2008: da allora il giro d’affari si è quasi dimezzato, passando da 23 a 14 milioni.