Crap, parola che in inglese dal significato poco lusinghiero, è l’acronimo di Cannot realize a profit (non si realizza profitto, ndr) che Amazon ha scelto per identificare quei prodotti che, venduti sulla piattaforma di e-commerce, non sono redditizi. Negli ultimi mesi questi prodotti sono finiti nel mirino dell’azienda di Jeff Bezos, che ha deciso di eliminarli o di chiedere ai loro produttori di cambiarne il packaging per venderli meglio online. Lo rivela il Wall street journal.

Si tratta di prodotti con un prezzo di solito inferiore ai 15 dollari, magari pesanti o ingombranti e quindi costosi per gli standard del colosso americano dell’e-commerce. Come nel caso della Smartwater di Coca-Cola, un’acqua distillata e poi addizionata di sali minerali già venduta in una ventina di Paesi nel mondo. Amazon la vendeva in una confezione da sei bottiglie a 6,99 dollari come ordine predefinito sul Dash, un piccolo dispositivo che consente l’ordine automatico schiacciandone il pulsante. Lo scorso agosto, dopo aver lavorato con Coca-Cola per cambiare il modo in cui spedisce e vende l’acqua, Amazon ha comunicato ai clienti con il dispositivo che avrebbe cambiato l’articolo predefinito in un pacchetto da 24 per 37,20 dollari. Questo ha alzato il prezzo per bottiglia a 1,55 (prima erano 1,17) e Coca-Cola inizierà a spedire questi ordini direttamente ai suoi consumatori. Amazon, secondo cui Coca-Cola stava perdendo soldi per le spedizioni più piccole e a basso costo, così non ha né costi di magazzino né quelli di spedizione. Il pacchetto più piccolo di Smartwater è finito nella categoria Prime Pantry, nella quale i consumatori riempiono una scatola di articoli per ridurre i costi di spedizione.

Per i grandi marchi, non essere su Amazon non è più un’opzione: è subito evidente chi ha il coltello dalla parte del manico. «Hanno il potere; loro hanno gli acquirenti», afferma Guru Hariharan, amministratore delegato di Boomerang Commerce (che produce software per l’e-commerce), intervistato dal quotidiano economico statunitense. Il profitto di Amazon è aumentato notevolmente negli ultimi due anni, il valore delle azioni è salito anche se quello di mercato è recentemente calato. La maggior parte di questa redditività è derivata dal crescente business del cloud e dalla pubblicità. Per ottimizzare ulteriormente i costi della piattaforma di commercio online, Amazon ha spinto i suoi clienti ad abbassare i prezzi e a cambiare gli imballaggi.

Nata a metà degli Novanta, Amazon presta particolare attenzione agli imballaggi dal 2008, anno in cui redige il suo Frustration-Free Packaging Program, “programma per un imballaggio senza frustrazione”. Si tratta di una politica per cui il packaging dei prodotti è «costituito da materiali riciclabili al 100%, è facile da aprire e progettato per spedire i prodotti nella loro confezione originale, eliminando così la necessità di una scatola di spedizione aggiuntiva e gli sprechi. A partire da dicembre 2017, le innovazioni di imballaggio sostenibile di Amazon hanno eliminato 215 mila tonnellate di materiale di imballaggio ed evitato 360 milioni di scatole di spedizione», si legge sul sito dell’e-commerce. Dal 31 ottobre 2018 Amazon ha esteso questo programma anche ad alcuni Paesi europei (fra cui l’Italia) incentivando economicamente i suoi clienti a modificare le confezioni dei loro prodotti in questa direzione. Il termine per munirsi della certificazione FFP è fissato al primo ottobre di quest’anno.