AI Gender Gap: l’intelligenza artificiale è il futuro, ma le donne sono ancora troppo poche: solo il 29% fa parte della forza lavoro AI. Le soluzioni secondo le esperte dell’AI WEEK 2025
L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando il mondo del lavoro, ma non tutti stanno salendo a bordo di questo cambiamento allo stesso ritmo. Secondo una recente indagine rilanciata da Forbes USA e approfondita in vista della AI WEEK 2025, solo il 29% della forza lavoro “AI addicted” – ovvero coloro che utilizzano quotidianamente l’AI in ambito professionale – è rappresentato da donne. Una cifra che, nel pieno dell’era tecnologica, evidenzia un gender gap persistente e allarmante.
Ma da dove nasce questa disparità? Quali sono gli ostacoli che frenano l’ingresso delle donne nel mondo dell’AI? E, soprattutto, cosa si può fare per cambiare rotta? A queste domande cercano di rispondere voci autorevoli del settore, speaker della prossima edizione della fiera europea AI WEEK, in programma a Rho Fiera Milano dal 12 al 16 maggio 2025.
Tra paure e mancanza di formazione: le cause dell’esclusione femminile
Dietro ai numeri del gender gap si nasconde un quadro ancora più complesso. Il report evidenzia infatti che:
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Solo il 35% delle donne ha il consenso aziendale per utilizzare strumenti basati sull’intelligenza artificiale.
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Le donne hanno una probabilità del 5% inferiore rispetto agli uomini di accedere a percorsi formativi adeguati sull’uso dell’AI.
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Il 30% delle lavoratrici intervistate dichiara di non sentirsi sufficientemente preparata ad applicare l’intelligenza artificiale nella propria attività quotidiana.
E se questi dati non bastassero, una ricerca condotta dalla Harvard Business School aggiunge un ulteriore tassello: a livello globale, le donne utilizzano strumenti di AI con una frequenza inferiore del 25% rispetto ai colleghi uomini. Le motivazioni? Prima fra tutte, la paura. Paura di sbagliare, di non essere all’altezza, di non rispettare gli standard etici che regolano l’uso dell’intelligenza artificiale.
Il ruolo fondamentale della formazione e della cultura aziendale
Davanti a questi ostacoli, le soluzioni proposte convergono su due pilastri fondamentali: formazione e coraggio. Da una parte è necessario costruire percorsi educativi mirati, sia all’interno che all’esterno delle aziende, capaci di colmare il divario di competenze. Dall’altra, serve uno slancio emotivo: un passo avanti verso la tecnologia, anche quando si ha l’impressione di non essere pronte.
A sostenerlo con forza è Marinela Profi, Global Market Strategy Lead for AI and Generative AI presso SAS e speaker alla prossima AI WEEK. “L’unica soluzione per smettere di avere paura dell’AI è imparare ad applicarla”, afferma. “Quando si presentano delle opportunità, spesso gli uomini si buttano. Le donne, invece, tendono a fare una pausa, a valutare se sono pronte. Il mio consiglio? Buttatevi. Imparate velocemente. L’AI non toglie lavoro: cambia le regole del gioco. È un acceleratore di carriera, non un ostacolo”.
Profi sottolinea anche il ruolo delle aziende, che devono impegnarsi attivamente per offrire percorsi formativi inclusivi. Solo così, spiega, si potranno costruire team davvero pronti per affrontare le sfide del futuro.
Inclusione e diversità: l’AI deve essere progettata da tutti, per tutti
Anche Virginia Padovese, Vice President Partnership per l’Europa di NewsGuard e relatrice all’AI WEEK, pone l’accento sull’inclusività. Secondo Padovese, l’intelligenza artificiale non deve essere “maschile” o “femminile”, ma neutra, equa e rappresentativa dell’intera società. “Per fare questo – spiega – è indispensabile che le donne siano coinvolte in tutte le fasi di progettazione e applicazione dell’AI, dai codici fino alle policy”.
E aggiunge: “Dobbiamo promuovere un’educazione STEM più accessibile per le ragazze, abbattere stereotipi culturali e professionali e sostenere una leadership femminile più ampia negli ambienti decisionali. Solo così potremo evitare che l’intelligenza artificiale amplifichi i pregiudizi di genere già esistenti”.
Il futuro è donna (anche nell’AI): cosa ci aspetta entro il 2030
Nonostante il quadro attuale, ci sono segnali incoraggianti. Secondo l’International Institute for Management Development, entro il 2030 il numero di donne in ruoli di leadership nel campo dell’AI potrebbe crescere del 50%, mentre entro il 2040 si prevede che le donne ricopriranno il 40% delle posizioni decisionali nelle aziende tech globali, un salto notevole rispetto all’attuale 16%.
Un traguardo raggiungibile, ma solo se le istituzioni, le imprese e la società civile agiranno in sinergia per ridurre le barriere culturali, economiche e formative.
Per una tecnologia più giusta, servono sguardi diversi
L’intelligenza artificiale è una tecnologia che sta modellando il presente e il futuro di tutti. Ma per essere veramente efficace, deve riflettere la diversità del mondo reale. Le esperienze, le sensibilità e le competenze femminili sono fondamentali per progettare un’AI più equa, trasparente e utile a tutta la società.
La sfida del gender gap nell’AI non è solo una questione di numeri, ma di visione. Solo unendo formazione, coraggio e inclusione si potrà costruire un ecosistema tecnologico realmente rappresentativo.
E la buona notizia è che il cambiamento è già iniziato.