Ci sono anche l’amministratore delegato e il direttore dell’area tecnica di Grafica Veneta – l’azienda di Trebaseleghe leader nella stampa di libri, scolastica e best seller, da Harry Potter alle memorie di Obama – Giorgio Bertan, 43 anni, e Giampaolo Pinton, 60, tra le 11 persone arrestate due giorni fa dai carabinieri di Cittadella (PD) nell’operazione che – chiamata Pakarta secondo quanto riferisce la stampa locale – ha sgominato un’organizzazione di pakistani che sfruttava lavoratori connazionali. Secondo gli inquirenti, come riporta l’Ansa, anche parte della dirigenza di Grafica Veneta era a conoscenza dello sfruttamento dei lavoratori stranieri, sia per quanto riguarda gli incessanti turni di lavoro, che per la sorveglianza a vista a cui erano sottoposti. Erano, inoltre, consapevoli delle degradanti condizioni di lavoro, della mancata fornitura dei Dpi (scarpe antinfortunistiche, dispositivi di protezione dal rumore). Tale situazione ha comportato un tentativo di elusione dei controlli, edulcorando o eliminando dai server informatici gran parte dell’archivio gestionale che registra gli ingressi e le uscite dei lavoratori.

Sulla base delle risultanze investigative, la magistratura padovana ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di 9 pakistani per lesioni, rapina, sequestro di persona, estorsione e sfruttamento del lavoro, e un’ordinanza agli arresti domiciliari per i due dirigenti, per sfruttamento del lavoro. L’indagine era partita il 25 maggio 2020, dopo che erano stati trovati un pakistano con le mani legate dietro la schiena e altri suoi connazionali picchiati violentemente. Altri cinque si erano presentati all’ospedale di Padova, riferendo una analoga situazione. Le vittime, in quel periodo erano tutte dipendenti di B.M. Services di Lavis (TN), attiva nel campo del confezionamento e finissaggio di prodotti per l’editoria, di proprietà di padre e figlio, pakistani con cittadinanza italiana. L’Arma ha accertato che i due titolari assumevano connazionali per brevi periodi, stipulando regolari contratti di lavoro (part-time e full-time). In realtà, però, gli operai lavoravano anche fino a 12 ore al giorno, senza alcuna pausa, senza ferie, né altra tutela. E versavano gran parte dello stipendio ai due titolari o a loro “fedelissimi”. I lavoratori erano anche costretti a pagarsi l’affitto per un posto letto nelle case messe a disposizione dall’organizzazione, dove vivevano anche in più di 20 in un singolo appartamento. Le vittime, nel tempo, avevano capito di essere sfruttate e si erano rivolte a un sindacato di categoria, ma sono state scoperte e fatte oggetto di un’azione punitiva: al ritorno nelle loro abitazioni, gli operai hanno trovato ad attenderli squadre di picchiatori che li hanno aggrediti, e dopo averli legati mani e piedi, percossi per derubarli dei soldi, dei documenti e di ogni altro avere, compresi i telefoni cellulari per impedire loro di chiedere aiuto. Infine sono stati costretti a salire a bordo di tre veicoli, per poi essere abbandonati lungo la strada.

In merito alla notizia degli arresti, in una nota il presidente di Grafica Veneta Fabio Franceschi fa sapere di avere “preso atto con rammarico e sorpresa” sul coinvolgimento dell’azienda nel blitz anticaporalato condotto dai carabinieri, che ha portato agli arresti domiciliari per due suoi manager. Franceschi esprime “la solidarietà ai collaboratori citati in questa vicenda” e ne sottolinea “la piena stima e il completo supporto”. Nella nota Franceschi precisa che “la società che gestiva l’appalto è interessata di altri analoghi appalti non solo in Veneto, ma anche in altre Regioni del Nord Italia; infatti le prestazioni di BM in favore di Grafica Veneta rappresentano una modestissima parte del totale dell’attività svolta proprio nel settore grafico, da questa società”. Grafica Veneta, sottolinea quindi il presidente “era del tutto all’oscuro di quanto sembrerebbe emergere dall’inchiesta, e del resto l’oggetto della contestazione ai suoi funzionari riguarderebbe solo ed esclusivamente un asserito ostacolo all’indagine, impedimento che non è mai stato posto dalla società, che intende invece collaborare con le forze dell’ordine e con la Magistratura per il ripristino della legalità in primis e quindi della verità”.

di Achille Perego